Le azioni previste dalla legge sulla parità dei sessi possono essere promosse tanto dagli uomini che dalle donne; tali azioni sono consentite per ogni rapporto di lavoro, sia di diritto privato sia di diritto pubblico, ad eccezione delle azioni di prevenzione e di cessazione che non riguardano i contratti di lavoro soggetti al Codice delle obbligazioni se la discriminazione riguarda l’assunzione o la rescissione del contratto. Infatti, nei rapporti di diritto privato, il legislatore ha voluto privilegiare la libertà contrattuale (non assumere e licenziare).
Il lavoratore o la lavoratrice che subisce – o rischia di subire – una discriminazione può adire il giudice (o l’autorità amministrativa se il rapporto è di diritto pubblico) ai seguenti fini (art.5 al. 1 LPar):
- a) far vietare la discriminazione (o rinunciarvi) se la discriminazione è imminente (v. ch. 1 qui di seguito);
- b) far cessare la discriminazione, se è in corso (v. ch. 2 qui di seguito);
- c) far costatare l’esistenza della discriminazione se il pregiudizio creato sussiste (v. ch. 3 qui di seguito);
- d) far ordinare il pagamento del salario dovuto (v. ch 4 qui di seguito)
L’azione di interdizione della discriminazione e quella di inibizione tendono a far sì che il
giudice ordini un comportamento determinato al datore di lavoro.
La scelta tra le prime forme di azione dipende dal momento in cui la discriminazione ha
luogo (imminente o futura, in corso, passata). La quarta azione consente al giudice di
disporre il pagamento della parte di salario eventualmente (ancora) dovuta, indebitamente non pagata proprio in virtù della discriminazione.
E’ importante identificare il genere di discriminazione a cui la vittima è soggetta, al fine di procedere appropriatamente. Peraltro, le procedure saranno diverse, in base al fatto che si tratti di rapporto di diritto privato o di diritto pubblico.
Prescrizione
Il termine di prescrizione è di 5 anni per le prestazioni periodiche (art. 128 CO), decorrente dalla data di esigibilità del credito. Il credito, quindi, potrebbe prescriversi anche in costanza del rapporto di lavoro. Il termine di prescrizione dei crediti di natura salariale nel diritto pubblico è identico a quello del diritto privato.
Poteri del giudice
In corso di procedura, il giudice dispone la misura che ritiene adeguata e proporzionata; in particolare tiene conto della gravità del pregiudizio: se questo è di lieve entità, una semplice ingiunzione al datore di lavoro o all’autore della violazione, ovvero la individuazione di un organo in grado di garantire la tutela disposta. Il giudice può discostarsi dalle conclusioni del ricorrente, quando ritiene che una misura meno restrittiva di quella richiesta permette ugualmente di prevenire o far cessare la discriminazione. Viceversa, nei casi più gravi, il giudice può ordinare al datore di lavoro di licenziare l’autore (ad esempio, in caso di molestie sessuali). Il giudice può altresì condannare il datore di lavoro di imporre a terzi – del cui comportamento questi è responsabile (colleghi, ausiliari, subordinati) – un comportamento rispettoso della vittima. Il datore di lavoro potrebbe essere anche tenuto – in virtù dell’obbligo di tutelare la personalità dei collaboratori – d’imporre ai propri clienti e fornitori (rispetto ai quali non sussiste vincolo di subordinazione) a trattare con riguardo i propri impiegati.
a. Azione di interdizione della discriminazione
L’azione di interdizione tende a impedire la realizzazione di una discriminazione non ancora commessa, ma che appare imminente.
Esempio:
- la vittima viene a sapere che un collega, meno qualificato o con minore anzianità di
servizio, è in procinto di essere promosso (al suo posto);
- la vittima costata che un collega è in procinto di farsi affidare (dal superiore) una
funzione importante e duratura per la quale è meno qualificato; oppure sta per
ottenere un aumento di salario o di seguire un corso di formazione continua, con
esclusione della vittima stessa;
- la vittima è in procinto di essere licenziata (licenziamento collettivo per ragioni
economiche) mentre il suo collega con minori requisiti resta al lavoro;
- la direzione è in procinto di adottare un regolamento in base al quale le persone
impiegate a tempo parziale (gran parte delle donne) non beneficiano delle
prestazioni della cassa pensione
Quando la vittima può agire in via preventiva: :
- impedire che il collega sia promosso in sua vece;
- obbligare il datore di lavoro a conferirle la funzione più qualificata e duratura;
- farsi riconoscere e attribuire un aumento di salario;
- farsi mandare a frequentare corsi di perfezionamento (formazione continua);
- indurre il datore di lavoro a rinunciare al licenziamento e a proseguire il rapporto;
- impedire che entri in vigore il regolamento discriminatorio (discriminazione indiretta)
Da notare che simili azioni hanno una portata praticata limitata, tenuto conto della prassi giudiziaria che non sempre consente di intervenire rapidamente. Sovente, la vittima agisce per far cessare la discriminazione già in corso, per accertamento o per risarcimento.
Peraltro, quando la discriminazione comporta rifiuto di assunzione o la rescissione del
rapporto, l’azione preventiva è del tutto esclusa per i rapporti di diritto privato (art. 5 cpv. 2 LPar).
b. Azione per far cessare la discriminazione (inibitoria)
L’azione inibitoria – ossia per far cessare la discriminazione – tende a contrastare il
comportamento illecito già in corso e sempre attuale.
Esempi:
- la lavoratrice, madre di figli in tenera età, riceve dopo anni di servizio un salario di 500 franchi inferiore a quello del suo collega maschio, che svolge l’identico lavoro;
- la lavoratrice incinta è vittima di molestie psicologiche da più mesi da parte di un superiore diretto, fino a incitarla a dimettersi dal lavoro;
- le funzioni più interessanti sono sistematicamente assegnate al collega maschio;
- essendo donna, il tempo alla toilette per lei è cronometrato e il capo servizio dispone di un duplicato della chiave (della toilette), per contro, nessuna restrizione è imposta agli uomini
In simili casi, al giudice si chiederà: :
- di ristabilire la parità salariale;
- la cessazione delle molestie (e la condanna del datore di lavoro perché adotti misure
preventive);
- l’assegnazione paritaria delle funzioni;
- la cessazione delle discriminazione sul soddisfacimento di bisogni naturali e fisiologici
c. Azione di accertamento (della discriminazione)
L’azione di accertamento è finalizzata a sanzionare la discriminazione, sebbene il
comportamento discriminatorio appartenga al passato, ma le cui conseguenze si fanno
sentire ancora. Talvolta, l’accertamento del diritto può bastare a soddisfare la vittima (ATF 131 II 361). Tale azione è sussidiaria e funzionale all’azione di prevenzione o a quella inibitoria (cessazione). In caso di ammissione, apre la strada alla procedura risarcitoria.
Esempi:
- le molestie psicologiche sono cessate grazie all’intervento dell’Ufficio cantonale del
lavoro, ma hanno provocato nella vittima una depressione (sofferenza psichica e
fisica, 500 franchi di spese per il medico e le medicine non coperte dalla cassa
malattia, 20% d’inabilità al lavoro non coperta dall’assicurazione perdita di
guadagno);
nuovo posto è stato occupato da altri;
La vittima chiede al giudice l’accertamento della discriminazione
Esempi:
- accertare le precedenti molestie psicologiche e la condanna del datore di lavoro al
pagamento dei danni e del torto morale (art. 5 cpv. 5 LPar, art. 49 CO);
- accertare il rifiuto discriminatorio della promozione. Il giudice può ordinare al datore
di lavoro di prendere in considerazione la lavoratrice pregiudicata, la prossima volta
che si libera un posto equivalente al quale avrebbe avuto diritto
d. Azione per il pagamento del salario dovuto
L’azione di pagamento consente – alla vittima discriminata – di ottenere il salario che non ha ottenuto in virtù della discriminazione. Questa azione, di solito, procede parallelamente a una delle altre tre. L’indennizzo che il datore di lavoro potrebbe essere chiamato a pagare consiste nel salario dovuto oltre all’eventuale danno subito.
Prescrizione in 5 anni
La vittima della discriminazione salariale può richiedere il pagamento entro i cinque anni
dalla esigibilità del salario dovuto, mediante azione.
Indennizzo: per rifiuto di assunzione o di disdetta del rapporto, ai sensi del CO
L’indennità è fissata tenuto conto di tutte le circostanze del caso e calcolata sulla base del salario al quale la persona discriminata avrebbe avuto verosimilmente diritto (art. 5 cpv. 2 LPar).
L’indennità per licenziamento ammonta al massimo a 6 mensilità di salario; quello per rifiuto di assunzione al massimo a tre mensilità. Considerato che più persone potrebbero contemporaneamente lamentare la pretesa al versamento di mancata assunzione, la somma totale massima non supera comunque il suddetto importo (tre mensilità) che dovrà – eventualmente – essere ripartito tra più persone (art. 5 cpv. 4 Lpar).
Il suddetto importo è indipendente da danni o dal torto morale: esso non costituisce infatti né risarcimento (dommages-intérêts), né ristoro per danno morale (indemnité) (art. 5 cpv. 5 Lpar). La sua funzione è meramente punitiva e riparatrice; sarà dovuto e calcolato, quindi, indipendentemente dai danni o dal torto morale (si ricordi: per ottenere il risarcimento del danno o la riparazione del torto morale bisogna provarli).
L’indennità è altresì indipendente dall’intenzione del datore di lavoro (elemento psicologico: dolo o colpa): il giudice lo stabilisce anche nel caso in cui il datore di lavoro non intendeva discriminare.