Tutela
Trascorso il periodo di prova, il datore di lavoro non può dare disdetta del contratto di
lavoro per tutta la durata della gravidanza e nel corso delle sedici settimane che seguono l’allattamento (art. 336c CO cpv. 1).
Peraltro un termine più lungo può essere previsto mediante contratto individuale, contratto tipo o con contratto collettivo di lavoro, ma di solito non avviene. E’ la data di ricevimento della comunicazione è determinante per stabilire se la disdetta interviene o meno nel periodo di tutela.
Tale periodo decorre effettivamente dall’inizio della gravidanza, anche quando la
lavoratrice ne sia del tutto ignara.
Mancanza di tutela
La tutela contro il licenziamento non può essere invocata invece nei seguenti casi:
- quando il contratto ha una durata determinata: in tal caso, il rapporto cessa alla
scadenza convenuta. La tutela contro il licenziamento non potrebbe comportare
infatti un prolungamento del rapporto di lavoro;
- quando la risoluzione del rapporto ha luogo per giustificati motivi: il datore di lavoro infatti può mettere fine al contratto – nonostante la gravidanza della lavoratrice –quando fa valere giustificati motivi di licenziamento (art. 337 e ss. CO). In simili casi peraltro il licenziamento può essere immediato (in tronco)
Conseguenze dell’eventuale licenziamento in corso di tutela
Il licenziamento notificato durante il termine di tutela è nullo, e, in quanto tale, non produce alcun effetto (art. 336c cpv. 2 CO). In altri termini, se il datore di lavoro intende porre fine al rapporto di lavoro che lo lega alla lavoratrice, dovrà necessariamente attendere la scadenza del termine di tutela delle sedici settimane dopo il parto e, a quella data, rinnovare la disdetta, in osservanza del termine di preavviso secondo contratto.
Se il licenziamento è stato comunicato prima dell’inizio della gravidanza e questa subentra prima della scadenza del contratto, il termine (del licenziamento) è sospeso fino alla scadenza del termine di tutela.
Per determinare la scadenza del contratto si calcola il numero di giorni che restano a
decorrere dall’inizio della gravidanza e il termine concesso per contratto. Tali giorni sono posticipati alla scadenza delle sedici settimane che seguono il parto, ottenendosi così la data di scadenza (contrattuale). Tuttavia, quando – eseguito il suddetto calcolo – la scadenza non coincida con la fine di una settimana o di un mese – come solitamente invece è previsto per la cessazione dei rapporti di lavoro – la durata è prolungata fino alla prossima scadenza utile: fine settimana o fine mese immediatamente successiva (art. 336c cpv. 3 CO).
Esempio: il datore di lavoro licenzia la signora Y il 28 gennaio per la fine del mese di marzo. Il 5 febbraio, la signora Y è incinta. Il termine di preavviso di 55 giorni che restano da decorrere sono sospesi per tutta la durata della gravidanza e durante le sedici settimane successive al parto, vale a dire fino il 20 ottobre. La tutela di sedici settimane scade il 9 febbraio. Il periodo dei 55 giorni viene fatto decorre nuovamente da tale data in modo che la scadenza del contratto arrivi al 6 aprile. Il licenziamento, quindi, avrà luogo per il 30 aprile in osservanza della regola di fine mese.
E’ importante precisare che alla scadenza delle sedici settimane (di tutela) la lavoratrice è tenuta a riprendere il proprio lavoro, essendo sempre contrattualmente vincolata, salvo che non sia stata formalmente esonerata dal datore di lavoro.