Allorquando la tutela adeguata non può essere realizzata, le donne in possesso di un
certificato medico attestante che la loro capacità lavorativa non è ripristinata nei primi mesi successivi al parto, non possono essere chiamate a eseguire attività al di là delle loro capacità (art. 62 cpv. 2 e 64 cpv. 2 OLL 1).
Esonero dal lavoro, obbligo di trasferimento
Il datore di lavoro è tenuto a trasferire le donne incinte e le madri in allattamento a lavori equivalenti che non presentino alcun rischio per la loro salute (art. 64 cpv. 3 lett. a, b OLL 1), allorquando:
- l’analisi dei rischi rileva pericoli per la sicurezza o la salute della madre o del
bambino e risulta impossibile applicare misure di sicurezza appropriate;
- le sostanze e microrganismi a contatto dei quali si trova l’interessata – ovvero le
attività esercitate – presentano rischi potenziali elevati, ai sensi della lista dei lavori
gravosi e pericolosi
In caso di impossibilità di trasferimento ad altri lavori equivalenti e esenti da rischi, la
lavoratrice non può più essere occupata nell’impresa – o in quel reparto aziendale – in virtù del rischio stesso (art. 65 OLL 1).
Ammontare del salario
Le donne incinte e le madri in allattamento che non possono svolgere lavori gravosi o
pericolosi, hanno diritto all’80% del loro salario, ivi compresa l’indennità sostitutiva per la perdita dell’eventuale salario in natura (art. 35 cpv. 3 LL).
Durata dell’obbligo di pagare il salario
La durata dell’obbligo di pagare il salario si estende praticamente per tutto il periodo
durante il quale la lavoratrice è esposta al pericolo, non solo durante la gravidanza, bensì anche dopo il parto e fino allo scadere dell’anno di allattamento previsto dall’ordinanza.